È stato con l’ordinanza n. 27165 che la Cassazione ha stabilito come non sia possibile motivare la sospensione dei rimborsi d’imposta sussistendo semplicemente una “verifica in corso”.

L’ordinanza sopraindicata ha visto la Cassazione chiamata ad intervenire in un caso che vedeva contrapposti amministrazione finanziaria e Curatela. La prima aveva notificato alla seconda un provvedimento di sospensione del rimborso del credito Iva, seguendo quanto previsto dall’art. 38 bis del DPR 633/1972. La Curatela, a sua volta, aveva impugnato la sospensione davanti a giudici tributari di primo grado. E questi ultimi avevano dichiarato come il provvedimento risultasse del tutto carente di motivazione considerandolo, di conseguenza, inidoneo. Conclusioni che avevano trovato concorde anche la CTR. Da lì la decisione dell’Agenzia delle Entrate di ricorrere alla Suprema corte. La corte stessa ha ricordato che i presupposti per accedere alla sospensione dei rimborsi sono destinati a variare in base alla norma impiegata.

Il provvedimento adottato dall’Amministrazione finanziaria per ottenere la sospensione del rimborso, in realtà, riportava come unica motivazione il fatto che fosse in corso una verifica. Motivazione che, in tali termini, risultava priva di significato. Il richiamo generico all’articolo 38 bis non permetteva di comprendere quale sia stata la fattispecie esaminata dall’Amministrazione finanziaria allo scopo di sospendere il rimborso. In mancanza di specifiche non era quindi possibile determinare se si trattasse di accertamenti penali riferiti a operazioni inesistenti (rientranti nell’ambito di applicazione del comma 8), o di altre ragioni valide.

La Cassazione ha voluto anche ricordare la mancanza di informazioni, nel provvedimento impugnato, che indicassero con certezza il ricorso da parte dell’Amministrazione finanziaria al fermo amministrativo. Di conseguenza, non potendo trovare accoglimento, il ricorso non poteva che essere rigettato.