Nel contesto delle transazioni commerciali, il rispetto dei tempi nella fatturazione assume un ruolo determinante, avendo impatti diretti sulla corretta liquidazione dell’IVA. L’imperativo di emettere fatture in modo tempestivo è sancito dal comma 4 dell’articolo 21 del DPR 633/1972, che prescrive che le fatture debbano essere generate entro dodici giorni dall’esecuzione dell’operazione. Tale normativa, richiamando l’articolo 6 per una definizione accurata del giorno di esecuzione dell’operazione, si applica sia alle fatture elettroniche che a quelle cartacee, limitando l’utilizzo di quest’ultima solo a circostanze eccezionali.

Che cosa succede se le fatture vengono emesse in ritardo?

Le ragioni di un ritardo nella fatturazione possono variare, a volte attribuibili a errori, ma altrettanto frequentemente legate a prassi scorrette adottate dagli operatori. Ad esempio, nell’ambito degli acquisti online, persiste il fenomeno di soggetti passivi IVA che emettono la fattura al termine del periodo previsto per il diritto di reso, evitando di emettere prima la fattura e successivamente la nota di credito. Un tale comportamento, però, può risultare nell’applicazione di sanzioni significative.

Quando la fattura viene emessa al di fuori dei termini legali, si configura una violazione che può presentare caratteristiche formali o sostanziali a seconda del suo impatto sulla corretta liquidazione dell’imposta.

La violazione formale si manifesta quando la fattura emessa in ritardo è integrata nella stessa liquidazione IVA in cui sarebbe stata inserita se fosse stata emessa tempestivamente. Al contrario, la violazione sostanziale si verifica nel caso in cui, a causa del ritardo, la fattura viene inclusa in una delle liquidazioni IVA (mensili o trimestrali) successive a quelle inizialmente previste.

Che cosa dice la legge italiana?

Ambedue le infrazioni sono disciplinate dal primo comma dell’articolo 6 del Decreto Legislativo 471/1997. Questa legislazione impone sanzioni amministrative che oscillano dal novanta al cento-ottanta per cento dell’imposta relativa all’imponibile non adeguatamente documentato o registrato, con un ammontare compreso tra 250 euro e 2.000 euro quando la violazione non ha impatti sulla liquidazione corretta.

Se il ritardo nell’emissione del documento contabile ha effetti sulla corretta liquidazione dell’imposta, la sanzione diventa più severa. In tali circostanze, l’articolo 5 del Decreto Legislativo 471/1997, al comma 4, stabilisce che “la sanzione non può essere inferiore a euro 500”. Questo importo può successivamente subire una riduzione a un terzo durante la fase di contestazione, come previsto dal comma 3 dell’articolo 16 del Decreto Legislativo 472/1997, oppure può essere anticipatamente definito attraverso il ravvedimento.