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POLIZZE RISCHI CATASTROFALI IMPRESE: L’OBBLIGO SLITTA AL 31 MARZO

Il Decreto Milleproroghe, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 2023, ha posticipato l’obbligo per le imprese di stipulare una polizza contro i rischi catastrofali al 31 marzo 2025. Questo rinvio offre alle aziende ulteriori tre mesi di tempo per adeguarsi alla normativa introdotta dalla Legge di Bilancio 2024 (Legge n. 213/2023). Vediamo nel dettaglio cosa comporta questa novità e quali sono le regole principali che si attendono dal decreto attuativo del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT).

L’obbligo di stipulare una polizza contro i danni da calamità naturali ed eventi catastrofici riguarda tutte le imprese:

 

  • Con sede legale in Italia.
  • Con sede legale all’estero, ma che operano in Italia tramite una stabile organizzazione.
  • Queste imprese devono essere regolarmente iscritte alla Camera di Commercio.

Alcune categorie di imprese non sono tenute a stipulare la polizza:

 

Imprese agricole, che rientrano nella disciplina del Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni meteo-climatici.

Imprese con immobili abusivi, ossia edifici costruiti senza autorizzazioni o con abusi edilizi successivi alla costruzione.

 

La polizza obbligatoria deve coprire i beni materiali iscritti nel bilancio aziendale, precisamente quelli indicati nell’articolo 2424 del Codice Civile, sezione Attivo, voce B-II:

 

Terreni e fabbricati.

Impianti e macchinari.

Attrezzature industriali e commerciali.

Questo significa che solo i beni registrati ufficialmente nello stato patrimoniale aziendale saranno oggetto dell’obbligo assicurativo.

 

Dalle indiscrezioni trapelate, il decreto MIMIT dovrebbe includere:

 

Proporzionalità del premio assicurativo: il costo della polizza varierà in base al livello di rischio della zona in cui si trovano i beni assicurati.

Sconti per le imprese virtuose: le aziende che adottano misure di prevenzione e gestione del rischio potranno beneficiare di agevolazioni sul premio assicurativo.

Una novità importante è la rimozione dell’obbligo assicurativo per l’impresa utilizzatrice dei beni, qualora il proprietario degli stessi non li abbia assicurati. Questo cambiamento riduce i possibili conflitti tra locatori e locatari, semplificando la gestione degli obblighi.

 

Il rinvio al 31 marzo 2025 concede alle imprese più tempo per adeguarsi e valutare le opzioni migliori per la protezione dei propri beni. Tuttavia, è importante non sottovalutare l’impatto di questa nuova normativa:

 

Rischi concreti: eventi come terremoti, alluvioni o altre calamità possono causare gravi danni al patrimonio aziendale.

Benefici economici e gestionali: stipulare una polizza significa tutelare gli investimenti e garantire la continuità operativa dell’impresa in caso di emergenza.

Inoltre, la previsione di sconti per le aziende che adottano misure preventive può rappresentare un incentivo a migliorare la sicurezza dei propri immobili e attrezzature.

 

Il rinvio al 31 marzo 2025 offre alle imprese un’opportunità per affrontare con maggiore calma l’obbligo assicurativo contro i rischi catastrofali. Tuttavia, è fondamentale non attendere troppo: proteggere i propri beni con una polizza è non solo un obbligo, ma anche un investimento nella sicurezza e nella resilienza aziendale.

 

Lo Studio è a tua completa disposizione Per ulteriori aggiornamenti e per ricevere assistenza su come gestire questo nuovo adempimento. Non aspettare l’ultimo momento: pianifica oggi per essere pronto domani.

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NUOVA SABATINI, FONDI PER IL 2025

La Legge di Bilancio 2025, recentemente approvata da Camera e Senato introduce importanti novità per le imprese italiane. Tra queste, il rifinanziamento della “Nuova Sabatini”, una misura fondamentale per sostenere gli investimenti delle micro, piccole e medie imprese (PMI).

 

La “Nuova Sabatini” è un’agevolazione gestita dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), nata per facilitare l’accesso al credito delle PMI. Il suo obiettivo principale è accrescere la competitività del sistema produttivo nazionale sostenendo gli investimenti in beni strumentali, necessari per migliorare e modernizzare i processi produttivi.

 

Le imprese che accedono a questa misura possono acquistare o acquisire in leasing:

 

  • Macchinari, attrezzature e impianti ad uso produttivo.
  • Hardware e software, fondamentali per la digitalizzazione.
  • Tecnologie innovative, necessarie per restare al passo con i cambiamenti del mercato.

Rifinanziamento della Nuova Sabatini per il 2025

L’articolo 1, comma 461 della Legge di Bilancio 2025 prevede un consistente rifinanziamento per la Nuova Sabatini, garantendo fondi per diversi anni:

 

400 milioni di euro per il 2025.

100 milioni di euro per il 2026.

400 milioni di euro all’anno dal 2027 al 2029.

Questo stanziamento conferma l’importanza attribuita a questa misura come strumento di sostegno strutturale per le PMI italiane.

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La Nuova Sabatini è destinata a tutte le micro, piccole e medie imprese operanti nei settori industria, commercio, agricoltura e pesca. Sono escluse le imprese che operano nel settore finanziario e assicurativo.

 

Per beneficiare dell’agevolazione, le PMI devono essere regolarmente iscritte al Registro delle Imprese e non devono trovarsi in stato di difficoltà economica.

Il finanziamento è finalizzato esclusivamente all’acquisto o al leasing di beni strumentali e viene accompagnato da un contributo statale in conto interessi che riduce il costo del prestito per l’impresa.

 

La Nuova Sabatini si è rivelata uno strumento efficace per sostenere le PMI, in particolare in periodi di crisi economica. Grazie a questa agevolazione, le imprese possono:

 

Innovare i processi produttivi, introducendo nuove tecnologie.

Aumentare la competitività sul mercato nazionale e internazionale.

Ridurre il costo degli investimenti grazie al contributo statale.

Questo strumento ha avuto un ruolo chiave nel rilancio degli investimenti produttivi, dimostrando la sua validità anche in ottica anticongiunturale.

 

Per accedere alla Nuova Sabatini, le imprese devono presentare domanda attraverso i canali ufficiali del MIMIT e degli istituti finanziari convenzionati. È importante preparare una documentazione completa e dettagliata, includendo:

 

Il progetto di investimento, specificando i beni da acquistare.

La situazione economico-finanziaria dell’impresa, per dimostrare la capacità di rimborsare il finanziamento.

 

Il rifinanziamento della Nuova Sabatini per il 2025 rappresenta un’opportunità unica per le PMI italiane che vogliono innovare e rafforzare la propria competitività. Con un budget significativo e una struttura collaudata, questa misura può fare la differenza per molte imprese, consentendo loro di affrontare con maggiore fiducia le sfide del mercato.

 

Lo Studio resta a tua completa disposizione per maggiori informazioni o chiarimenti.

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SNC E SAS: IN ARRIVO L’OBBLIGO DI REDAZIONE E DEPOSITO DEL BILANCIO

Negli ultimi anni, il panorama normativo europeo sta vivendo un’importante trasformazione per quanto riguarda la trasparenza delle imprese. Una delle novità più rilevanti riguarda l’obbligo, di prossima introduzione, per le SNC (Società in Nome Collettivo) e le SAS (Società in Accomandita Semplice) di redigere e depositare il bilancio presso il Registro delle Imprese. Questo cambiamento, frutto di una direttiva UE in via di approvazione, mira a migliorare la fiducia nel contesto imprenditoriale e a favorire la crescita delle PMI.

La direttiva si applica alle società di persone che esercitano attività commerciale, vale a dire in Italia le SNC e le SAS. Le società semplici, che non svolgono attività commerciale, resteranno escluse da questo obbligo. Questa scelta è coerente con l’obiettivo della normativa, che punta a rendere più trasparenti le attività delle imprese con impatto economico rilevante.

L’Unione Europea intende promuovere la trasparenza e l’interconnessione digitale tra i registri delle imprese dei diversi Paesi membri. Attualmente, molte informazioni sulle società di persone non sono accessibili a livello comunitario, creando un divario informativo rispetto alle società di capitali. Con l’introduzione di questo obbligo, le SNC e le SAS saranno tenute a fornire dati più dettagliati sulla loro situazione economica, rendendo tali informazioni disponibili in tutta l’UE.

Cosa Cambia per le SNC e SAS Italiane?

Le SNC e le SAS già oggi sono tenute a comunicare alcune informazioni al Registro delle Imprese. Tuttavia, la nuova normativa implicherà un ampliamento delle informazioni da fornire e, soprattutto, l’obbligo di redigere e depositare un bilancio annuale. Questo rappresenta una novità significativa per queste tipologie di società, che finora erano esentate da tale adempimento.

 

L’obbligo di redigere il bilancio potrebbe comportare un incremento dei costi amministrativi per le SNC e le SAS, soprattutto per quelle di dimensioni ridotte. Tuttavia, è probabile che, come avviene per le microimprese tra le società di capitali, vengano introdotte semplificazioni per le società di persone di piccole dimensioni, al fine di ridurre l’impatto burocratico.

 

Un altro effetto importante è il graduale avvicinamento tra società di persone e società di capitali in termini di adempimenti. La distinzione tradizionale tra queste due forme societarie si sta assottigliando, rendendo il sistema normativo sempre più omogeneo.

 

Pur comportando nuovi obblighi, la normativa porta con sé diversi vantaggi:

 

Maggiore accessibilità ai dati aziendali: investitori, creditori e altre parti interessate potranno accedere facilmente alle informazioni economiche delle SNC e delle SAS, migliorando la fiducia e la trasparenza nel sistema imprenditoriale.

Espansione transfrontaliera: le imprese avranno la possibilità di operare con maggiore facilità in altri Stati membri, grazie all’interconnessione dei registri e alla disponibilità di informazioni uniformi.

Pari condizioni con le società di capitali: l’allineamento degli obblighi tra società di persone e società di capitali favorisce una competizione più equa.

Sfide e Opportunità

Per le SNC e le SAS, l’introduzione di questi obblighi rappresenta una sfida, ma anche un’opportunità. Da un lato, vi è il rischio di un aumento dei costi di gestione; dall’altro, la trasparenza e la disponibilità di informazioni finanziarie possono migliorare la reputazione dell’azienda e attrarre nuovi partner commerciali.

L’obbligo di redazione e deposito del bilancio per le SNC e le SAS segna un’importante evoluzione nel diritto societario italiano ed europeo. Questo cambiamento, che punta a favorire la trasparenza e la fiducia nel contesto imprenditoriale, avvicina sempre più le società di persone alle società di capitali. Sebbene le imprese dovranno affrontare nuovi adempimenti, il sistema normativo offre l’opportunità di operare in un ambiente economico più competitivo e interconnesso.

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ACCONTO IVA ANNO 2024

L’acconto IVA è un versamento anticipato che i contribuenti devono effettuare annualmente, basato sulla liquidazione IVA dell’anno precedente. Non si tratta di un’imposta aggiuntiva, ma di un anticipo sull’IVA dovuta per l’anno in corso. Questo sistema aiuta lo Stato a garantire un flusso costante di entrate e a ridurre il rischio di evasione fiscale.

L’acconto IVA si applica a tutti i contribuenti soggetti a IVA, sia persone fisiche che giuridiche, che seguono un regime di contabilità ordinaria o semplificata. Anche chi ha cessato l’attività durante l’anno è tenuto a pagare l’acconto, proporzionato al periodo di attività svolta.

In caso di modifica delle scadenze di liquidazione tra un anno e l’altro, ai fini del calcolo del dato storico, valgono le seguenti regole:

  • per il passaggio da regime mensile a regime trimestrale occorre calcolare l’acconto con riferimento alle liquidazioni degli ultimi tre mesi dell’anno precedente
  • per il passaggio da regime trimestrale a regime mensile l’acconto deve essere calcolato su un terzo dell’imposta versata per il quarto trimestre.

 

Chi è esonerato dal pagamento:

Contribuenti in regime forfettario.

Agricoltori esenti.

  • Chi ha un credito IVA nell’anno precedente.
  • Chi ha un debito IVA inferiore a 103,29 euro.
  • Chi ha iniziato l’attività nell’anno in corso.
  • Chi ha cessato l’attività entro il 30 novembre (mensili) o 30 settembre (trimestrali).

 

L’acconto Iva può essere calcolato scegliendo, in base alla convenienza, tra tre diversi metodi di calcolo: storico, previsionale o analitico.

Scadenze e Sanzioni

Il versamento deve essere effettuato entro il 27 dicembre. Il mancato pagamento comporta sanzioni e interessi. Tuttavia, è possibile ricorrere al ravvedimento operoso, che consente di ridurre le sanzioni se il pagamento viene regolarizzato in tempi brevi.

La sanzione ammonta al 30% dell’importo non versato che può essere ridotta del 50% nel caso in cui il versamento venga effettuato entro 90 giorni dalla scadenza del termine.

L’acconto IVA è un adempimento importante per i contribuenti soggetti a IVA. Conoscere le scadenze e è essenziale per evitare sanzioni. Per ogni dubbio o chiarimento siamo a tua completa disposizione.

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SALDO IMU 2024: TUTTO QUELLO CHE DEVI SAPERE

L’IMU, acronimo di Imposta Municipale Propria, è una tassa che i proprietari di immobili devono pagare per contribuire alle finanze locali. Questa imposta si applica agli immobili non esenti e viene versata in due rate: l’acconto a giugno e il saldo, che per il 2024 deve essere pagato entro il 16 dicembre.

Sono tenuti al pagamento dell’IMU tutti i proprietari di immobili (abitazioni, terreni e fabbricati) che non rientrano nei casi di esenzione. Anche chi detiene un diritto reale sull’immobile, come l’usufrutto, è obbligato al versamento. L’imposta si applica a:

 

  • Seconda casa e immobili a disposizione
  • Immobili commerciali e industriali
  • Terreni agricoli non esenti
  • Fabbricati rurali strumentali
  • Aree fabbricabili

L’IMU non è dovuta per l’abitazione principale, a meno che non si tratti di immobili di lusso appartenenti alle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.

Esistono diversi casi in cui l’IMU non è dovuta, tra cui:

Abitazione principale non di lusso: inclusi gli immobili nelle categorie A2, A3, A4, A5, A6 e A7 e relative pertinenze.

Immobili occupati abusivamente: a condizione che sia stata presentata una denuncia all’Autorità giudiziaria e comunicata al Comune.

Terreni agricoli: posseduti da coltivatori diretti o ubicati in specifiche aree montane o di collina.

Immobili di enti non commerciali: destinati esclusivamente ad attività non commerciali, culturali o di culto.

 

Ravvedimento Operoso

Il mancato pagamento del saldo IMU entro il 16 dicembre comporta sanzioni e interessi. Tuttavia, è possibile regolarizzare la propria posizione con il ravvedimento operoso, che consente di ridurre le sanzioni in base al ritardo. Le sanzioni variano dal 1% al 5% dell’importo non versato, in aggiunta agli interessi calcolati su base giornaliera.

 

Il saldo IMU è un appuntamento importante per tutti i proprietari di immobili. Se hai dubbi o necessiti di assistenza, rivolgiti al nostro studio per avere un supporto professionale e puntuale.

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AUTOFATTURA DENUNCIA: L’IVA DUPLICATA DEVE ESSERE RIMBORSATA

L’autofattura denuncia è una procedura che interviene quando un cessionario o committente non riceve una fattura per l’acquisto di un bene o servizio entro quattro mesi dall’effettuazione dell’operazione. Secondo l’articolo 6, comma 8, del D.Lgs. 417/1997, in questa situazione il cessionario è obbligato a emettere un’autofattura per regolarizzare la propria posizione fiscale. Tale procedura, oltre a informare l’Agenzia delle Entrate della mancata fatturazione da parte del cedente, comporta il versamento dell’IVA dovuta sull’operazione, generando un potenziale doppio versamento dell’imposta.

 

L’autofattura denuncia nasce come strumento di tutela del contribuente che, non avendo ricevuto la fattura dal cedente o prestatore, deve comunque regolarizzare la propria posizione fiscale. Tuttavia, questo meccanismo prevede che l’IVA venga versata due volte: la prima al momento del pagamento al cedente o prestatore (che include l’IVA nell’importo totale del bene o servizio) e la seconda al momento dell’emissione dell’autofattura.

 

Questa duplicazione del versamento genera un problema evidente: il cessionario o committente finisce per pagare due volte l’imposta sullo stesso bene o servizio. Il meccanismo contraddice uno dei principi fondamentali dell’IVA, ossia la neutralità dell’imposta.

La sentenza si basa sul principio di neutralità dell’IVA, che costituisce un pilastro della direttiva IVA 2006/112/CE. Questo principio prevede che l’IVA non rappresenti un costo per gli operatori economici coinvolti nei vari passaggi di produzione e distribuzione, ma che gravi esclusivamente sul consumatore finale. Di conseguenza, l’applicazione di un doppio prelievo d’imposta per la stessa operazione contravviene a questo principio e legittima il rimborso dell’imposta versata due volte.

 

La sentenza della Corte di Giustizia della Liguria ha confermato che il contribuente, che ha corrisposto l’IVA sia al cedente/prestatore che all’erario tramite l’autofattura, ha diritto al rimborso dell’imposta duplicata.

 

La Procedura di Rimborso: Articolo 30-ter del DPR 633/1972

Per ottenere il rimborso dell’IVA duplicata, il contribuente può fare ricorso all’articolo 30-ter del DPR 633/1972, che disciplina le modalità per richiedere il rimborso dell’imposta non dovuta. Questa norma prevede che il contribuente possa presentare un’istanza di rimborso all’Agenzia delle Entrate, spiegando le circostanze che hanno portato al doppio versamento.

 

L’Agenzia ha il compito di esaminare la richiesta e, se riscontra che effettivamente si è verificata una duplicazione dell’imposta, deve procedere al rimborso. La decisione della Corte della Liguria rafforza il diritto del contribuente a non subire ingiusti prelievi fiscali.

 

Le Conseguenze del Doppio Versamento e le Sanzioni

Il mancato rispetto degli obblighi di autofatturazione, o il ritardo nell’emissione dell’autofattura, comporta conseguenze piuttosto gravi per il contribuente. La normativa prevede infatti una sanzione pari al 100% dell’imposta non versata, rendendo particolarmente onerosa qualsiasi omissione.

 

Di contro, la tempestiva emissione dell’autofattura tutela il cessionario o committente da eventuali sanzioni, ma genera la questione del doppio versamento dell’IVA, che può essere recuperato tramite la procedura di rimborso.

È fondamentale che i contribuenti siano consapevoli dei propri diritti e dei meccanismi di rimborso previsti dalla normativa per evitare di subire oneri fiscali ingiusti, lo Studio è a tua competa disposizione per ogni chiarimento.

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FATTURA SEMPLIFICATA PER FORFETTARI: NOVITÀ DAL 1° GENNAIO 2025

A partire dal 1° gennaio 2025, i contribuenti forfettari potranno beneficiare di un’importante novità normativa in materia di fatturazione semplificata. Con il recepimento della direttiva UE 2020/285, verrà eliminato il tetto massimo di 400 euro per l’emissione delle fatture semplificate. Ciò significa che i titolari di partita IVA forfettaria potranno emettere fatture semplificate anche per operazioni di importo superiore, agevolando così i loro adempimenti fiscali.

 

La fattura semplificata è una versione ridotta e più agile della fattura ordinaria, che permette di ridurre gli obblighi documentali per operazioni di basso valore. Essa include solo alcuni elementi essenziali rispetto alla fattura ordinaria, rendendola più facile da emettere e gestire, sia per i piccoli imprenditori che per i professionisti.

 

La fattura semplificata attualmente si applica per operazioni di importo complessivo non superiore a 400 euro, limite che era stato innalzato rispetto ai precedenti 100 euro nel 2019. Tuttavia, con la nuova normativa in vigore dal 1° gennaio 2025, sarà possibile utilizzare questo tipo di fatturazione senza limiti di importo.

 

Anche se semplificata, la fattura deve includere alcune informazioni minime, come previsto dall’articolo 21-bis del Decreto IVA. Gli elementi essenziali che devono essere riportati sono:

 

Data di emissione della fattura.

Numero progressivo che identifica la fattura in modo univoco.

Dati del cedente o prestatore (ditta, nome, ragione sociale, partita IVA o codice fiscale).

Dati del cessionario o committente (ditta, nome, ragione sociale, partita IVA o codice fiscale).

Descrizione dei beni o servizi oggetto dell’operazione.

Ammontare del corrispettivo complessivo e dell’imposta inclusa, o elementi che permettano di calcolarla.

Riferimenti a fatture rettificate nel caso si tratti di una fattura di rettifica.

Questi elementi sono sufficienti a identificare l’operazione e a rispettare gli obblighi fiscali, senza dover includere ulteriori dettagli richiesti per le fatture ordinarie.

 

Le novità per il 2025

Il principale cambiamento che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2025 riguarda la rimozione del limite massimo di 400 euro per l’emissione delle fatture semplificate. Questo significa che le partite IVA che operano in regime forfettario potranno emettere fatture semplificate anche per importi superiori a questa soglia, semplificando notevolmente gli adempimenti fiscali.

 

Questa novità è parte del processo di recepimento della direttiva 2020/285 dell’Unione Europea, che mira a uniformare le norme in materia di IVA tra gli Stati membri e a semplificare gli obblighi amministrativi per i piccoli contribuenti, come le partite IVA minori.

 

Vantaggi per i Forfettari

L’estensione delle modalità di fatturazione semplificata rappresenta un grande vantaggio per i forfettari. Vediamo quali sono i principali benefici di questa novità:

 

Riduzione degli obblighi amministrativi: la fattura semplificata richiede meno dettagli rispetto alla fattura ordinaria, riducendo così il carico burocratico per i contribuenti forfettari. Ciò è particolarmente utile per chi emette fatture in modo frequente e per importi superiori ai 400 euro.

 

Maggiore flessibilità: con la possibilità di emettere fatture semplificate anche per importi elevati, i forfettari possono gestire in modo più agile le operazioni di vendita o prestazione di servizi, senza dover affrontare la complessità di una fattura ordinaria.

 

Conformità alle norme comunitarie: l’allineamento delle regole italiane alle normative europee contribuisce a una maggiore uniformità e facilita la gestione fiscale per chi opera anche con clienti esteri all’interno dell’Unione Europea.

 

Facilità di gestione delle rettifiche: le fatture semplificate consentono una gestione più rapida delle operazioni di rettifica, agevolando la correzione di eventuali errori o modifiche successive alle transazioni iniziali.

 

Per i contribuenti forfettari, sarà importante adeguarsi a queste novità normative in tempo utile. Dal 1° gennaio 2025, sarà possibile emettere fatture semplificate anche per importi superiori ai 400 euro, e questo comporterà la necessità di aggiornare le procedure interne di fatturazione e i software gestionali.

 

La rimozione del limite massimo di 400 euro per l’emissione di fatture semplificate rappresenta una svolta positiva per i contribuenti forfettari, che dal 1° gennaio 2025 potranno semplificare ulteriormente i loro adempimenti fiscali. Questa novità normativa, frutto del recepimento delle direttive europee in materia di IVA, permette di alleggerire il carico burocratico e offre maggiore flessibilità nella gestione delle operazioni fiscali. È importante che le partite IVA si preparino a questo cambiamento, aggiornando i propri strumenti e le proprie procedure, per poter sfruttare al meglio i benefici di questa nuova disposizione.

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PATENTE A CREDITI EDILIZIA: QUALI SONO LE SANZIONI?

La patente a crediti nel settore dell’edilizia è un nuovo sistema introdotto per garantire la qualificazione di imprese e lavoratori autonomi operanti nei cantieri temporanei o mobili, come previsto dal D.Lgs. 81/2008 e dal DM 132/2024. Il sistema assegna un punteggio iniziale di 30 crediti, che può aumentare o diminuire in base all’attività svolta. Questo punteggio deve rimanere sopra i 15 crediti per poter continuare a lavorare. In caso di perdita di crediti, l’impresa o il lavoratore possono incorrere in diverse sanzioni.

 

Come Funziona la Patente a Crediti?

Ogni soggetto che opera in un cantiere, purché in possesso dei requisiti minimi, inizia con 30 crediti. Questo punteggio può essere incrementato grazie a comportamenti virtuosi, come l’adozione di pratiche di sicurezza, oppure decurtato per violazioni delle norme di sicurezza o mancanza di requisiti. Se i crediti scendono sotto 15 punti, il soggetto non può più operare nei cantieri.

 

Sanzioni per Operare con Meno di 15 Crediti o Senza Patente

Le imprese o i lavoratori che continuano a operare con meno di 15 crediti o senza patente possono subire diverse sanzioni. Ecco le principali:

 

Sanzione amministrativa: pari al 10% del valore dei lavori. Tuttavia, se questo importo è inferiore a 6.000 euro, viene applicata una sanzione minima di 6.000 euro.

Esclusione dai lavori pubblici: se si opera con una patente sospesa o revocata, l’impresa viene esclusa dalla partecipazione ai lavori pubblici per un periodo di 6 mesi.

Blocco dei lavori: l’ispettore del lavoro può disporre il blocco immediato dei lavori. Questo può comportare ulteriori conseguenze legali, previste dall’articolo 650 del Codice Penale, per l’inosservanza degli ordini delle autorità.

 

Non solo l’impresa o il lavoratore possono essere sanzionati, ma anche il committente o il responsabile dei lavori hanno l’obbligo di verificare che le imprese e i lavoratori abbiano la patente edilizia e un numero di crediti superiore a 15. Se non rispettano questo obbligo, sono soggetti a:

 

Sanzione amministrativa pecuniaria: Da 711,92 a 2.562,91 euro.

Obbligo di verifica nei subappalti: anche in caso di subappalto, il committente deve verificare la validità della patente edilizia dell’impresa subappaltatrice.

Chi applica le sanzioni?

Il regime sanzionatorio è gestito da diverse autorità, a seconda delle violazioni riscontrate:

 

Ispettorato Nazionale del Lavoro: gioca un ruolo chiave nell’imposizione delle sanzioni attraverso controlli amministrativi e ispettivi sui cantieri. Gli ispettori possono verificare il rispetto dei requisiti della patente e il punteggio di crediti delle imprese e dei lavoratori.

Ministero delle Infrastrutture e ANAC: gestiscono l’esclusione dai lavori pubblici, basandosi sui verbali ispettivi segnalati dall’Ispettorato del Lavoro.

La patente a crediti nel settore dell’edilizia è un sistema fondamentale per garantire la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, promuovendo al contempo la sicurezza e la professionalità nei cantieri. Tuttavia, il mancato rispetto delle soglie minime di crediti può comportare sanzioni gravi, come multe, l’esclusione dai lavori pubblici e il blocco dei cantieri. Per questo motivo, è essenziale che imprese e lavoratori mantengano il proprio punteggio di crediti sopra i 15 punti e che i committenti verifichino la validità della patente edilizia, anche in caso di subappalti.

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CONTROLLI SULLA CIRCOLAZIONE DEL DENARO CONTANTE: LA NORMATIVA NAZIONALE SI ALLINEA A QUELLA EUROPEA

Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 4 settembre 2024, ha approvato uno schema di decreto legislativo che adegua la normativa italiana al Regolamento (UE) 2018/1672, riguardante i controlli sul denaro contante in entrata e in uscita dall’Unione Europea. Questo intervento si inserisce in un contesto in cui l’Italia aveva già evidenziato un disallineamento tra le proprie norme e quelle europee, come sottolineato dalla Circolare n. 12/2024 delle Dogane, pubblicata il 7 maggio 2024.

L’obiettivo principale del nuovo decreto è rafforzare i controlli, prevenire l’evasione fiscale e contrastare il riciclaggio di denaro, allineando le norme italiane agli standard europei. Di seguito, vediamo i principali interventi legislativi che modificano la disciplina italiana in materia di movimentazione del denaro contante.

 

  1. Mercato dell’oro

Un’importante novità introdotta dal decreto riguarda il mercato dell’oro, con modifiche alle definizioni di “oro da investimento” e di “materiale d’oro”. Queste modifiche ampliano le fattispecie delle operazioni in oro che devono essere dichiarate all’UIF (Unità di Informazione Finanziaria). Ora, anche l’oro destinato a lavorazione futura è soggetto a obblighi di dichiarazione.

 

Un altro cambiamento riguarda la soglia per la dichiarazione, che viene abbassata da 12.500 euro a 10.000 euro. Inoltre, se più operazioni di valore inferiore a 10.000 euro sono effettuate con la stessa controparte nel corso di un mese solare, e l’importo complessivo raggiunge o supera tale soglia, queste devono comunque essere dichiarate. È inoltre previsto che singole operazioni pari o superiori a 2.500 euro con la stessa controparte devono essere segnalate, anche se complessivamente non superano i 10.000 euro.

 

Queste disposizioni mirano a incrementare la trasparenza nelle transazioni con l’oro, settore spesso associato a operazioni ad alto rischio di riciclaggio di denaro.

 

  1. Normativa in materia valutaria

Il decreto aggiorna e perfeziona le definizioni relative al denaro contante, includendo concetti come “valuta”, “strumenti negoziabili al portatore” e “carte prepagate”. Questo chiarimento è importante per rendere più preciso l’ambito di applicazione dei controlli.

Il denaro contante accompagnato, ovvero quello trasportato fisicamente oltre i confini nazionali, è soggetto a obbligo dichiarativo quando l’importo è pari o superiore a 10.000 euro. Una novità rilevante introdotta dal decreto è che l’obbligo dichiarativo non si considera soddisfatto se le informazioni fornite sono inesatte o incomplete, o se il denaro non è reso disponibile per il controllo da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM).

 

Il decreto rafforza i poteri di controllo delle Dogane e della Guardia di Finanza (GDF), consentendo loro di trattenere il denaro per un massimo di 30 giorni, prorogabili fino a 90 in casi particolari, se vi sono dubbi sulla provenienza o l’uso del denaro. Queste misure sono mirate a rafforzare i controlli e prevenire l’uso del denaro contante per attività illecite.

 

Inoltre, il decreto prevede che le informazioni acquisite durante i controlli siano utilizzabili a fini fiscali. Ciò significa che le autorità potranno utilizzare i dati raccolti per verificare la correttezza delle dichiarazioni fiscali e per indagare su eventuali attività illegali legate al denaro contante.

Un aspetto cruciale del decreto riguarda lo scambio di informazioni tra l’ADM, la GDF e le omologhe autorità degli altri Stati membri dell’UE. Lo scambio avviene tramite il Sistema di Informazioni Doganali (SID) e coinvolge anche la Commissione Europea, l’EPPO (European Public Prosecutor’s Office) e, nel caso della Guardia di Finanza, EUROPOL.

 

Questo scambio di dati è fondamentale per prevenire e contrastare il riciclaggio di denaro e altre attività illegali che potrebbero minacciare gli interessi finanziari dell’Unione Europea.

 

  1. Violazione degli obblighi dichiarativi

Il decreto interviene anche sulle sanzioni relative alla violazione degli obblighi dichiarativi in materia di trasferimento di denaro contante. In caso di omessa dichiarazione, la normativa prevede sanzioni pecuniarie proporzionate alla somma non dichiarata.

 

La novità principale consiste nell’aumento delle soglie percentuali per il pagamento delle sanzioni ridotte. Ad esempio, chi non dichiara somme eccedenti i 10.000 euro ma inferiori a 40.000 euro dovrà pagare il 30% della somma non dichiarata, rispetto al precedente 15%.

 

Il decreto introduce inoltre un trattamento differenziato per i casi di omessa dichiarazione e per quelli di dichiarazione incompleta o inesatta. Le sanzioni sono più severe per chi omette del tutto la dichiarazione, mentre per le dichiarazioni inesatte è previsto un regime sanzionatorio meno gravoso.

 

Il decreto approvato dal Consiglio dei Ministri rappresenta un passo importante verso l’allineamento della normativa italiana a quella europea in materia di controlli sulla circolazione del denaro contante. Le modifiche introdotte mirano a rafforzare la trasparenza, migliorare la cooperazione internazionale e prevenire attività illegali come il riciclaggio di denaro e l’evasione fiscale.

 

Queste nuove misure non solo garantiscono una maggiore armonizzazione con il quadro normativo europeo, ma rappresentano anche un passo avanti nella lotta alle attività illecite, contribuendo alla sicurezza economica dell’Italia e dell’Unione Europea.

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CRISI D’IMPRESA E CONCORDATO SEMPLIFICATO: LE NOVITÀ DEL 2024

Il 4 settembre 2024, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva un decreto legislativo con modifiche e integrazioni al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, originariamente introdotto con il decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14.

Tra le varie disposizioni, l’articolo 6 del nuovo decreto apporta importanti novità alla disciplina del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Queste modifiche mirano a rendere più chiara e accessibile la procedura di liquidazione patrimoniale per le imprese in difficoltà.

Il concordato semplificato è uno strumento che consente agli imprenditori in difficoltà di avviare una procedura di liquidazione patrimoniale semplificata. Questa procedura può essere adottata solo se la composizione negoziata della crisi non è andata a buon fine, ma le trattative si sono svolte in buona fede e correttezza.

Il nuovo decreto introduce alcune novità al concordato semplificato, eliminando il riferimento all’esito “non positivo” della composizione negoziata. Ora, la procedura può essere avviata anche in casi in cui la soluzione negoziale non risulti praticabile, ma le trattative sono state condotte secondo le regole.

 

Suddivisione dei creditori

Un’altra modifica riguarda la suddivisione dei creditori in classi, introdotta nella proposta di concordato. Con la nuova normativa, anche i creditori privilegiati, i cui crediti non vengono soddisfatti integralmente, possono essere trattati come chirografari per la parte residua del credito. Questo significa che la parte di credito non coperta dai beni posti in garanzia può essere trattata come un credito ordinario, senza prelazione.

 

La procedura di accesso

Per accedere al concordato semplificato, l’imprenditore deve presentare al tribunale una proposta di cessione dei beni insieme a un piano di liquidazione. Quest’ultimo deve essere corredato da tutti i documenti fiscali e contributivi richiesti dall’articolo 39 del CCII. La proposta può anche includere una suddivisione dei creditori in classi, qualora applicabile. Un’altra importante novità introdotta dal decreto è la possibilità di presentare una domanda prenotativa, prevista dall’articolo 40 del CCII. Questo consente all’imprenditore di avviare la procedura con riserva di presentazione della proposta e del piano di liquidazione entro un termine prestabilito, che di solito è di sessanta giorni.

 

Omologazione del concordato

Una volta presentata la proposta di concordato, l’imprenditore deve richiederne l’omologazione tramite un ricorso, che viene comunicato al pubblico ministero e pubblicato nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito.

 

Nuovi criteri per l’omologazione

Il nuovo decreto interviene anche sull’articolo 25-sexies, riformulando i criteri di verifica da parte del tribunale. In particolare, il giudice dovrà verificare che la proposta di concordato sia stata presentata in modo corretto e che le classi di creditori siano state formate correttamente, garantendo equità nella ripartizione dei crediti. Se necessario, il tribunale può assegnare un termine massimo di quindici giorni per integrare o modificare il piano e presentare nuovi documenti, permettendo così una maggiore flessibilità nella gestione della procedura.

 

Modifiche al linguaggio normativo

Il decreto ha anche semplificato il linguaggio normativo, eliminando il riferimento al deposito del ricorso “in cancelleria”. Questo termine è stato sostituito dall’obbligo di deposito telematico, allineando la normativa alle moderne modalità di gestione dei documenti legali.

 

Liquidazione del patrimonio

Un altro aspetto fondamentale del concordato semplificato riguarda la liquidazione del patrimonio dell’imprenditore in crisi. L’articolo 25-septies del CCII stabilisce che il tribunale nomini un liquidatore giudiziale al momento dell’omologazione del concordato. Questo liquidatore avrà il compito di gestire la vendita dei beni dell’impresa per soddisfare, per quanto possibile, i creditori.

 

Ruolo del liquidatore giudiziale

Il liquidatore nominato dal tribunale deve operare garantendo trasparenza e correttezza nel processo di liquidazione. Il suo compito è quello di vendere i beni dell’impresa e distribuire il ricavato ai creditori secondo quanto previsto dal piano di concordato. Questa fase è particolarmente delicata, poiché deve garantire che i creditori vengano soddisfatti almeno nella stessa misura in cui lo sarebbero in caso di liquidazione forzata. Tuttavia, il concordato semplificato offre una maggiore flessibilità, consentendo di gestire il patrimonio dell’impresa in modo più efficiente e rapido rispetto alle procedure concorsuali tradizionali.

 

Le modifiche al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza approvate nel settembre 2024 mirano a rendere più accessibile e flessibile la gestione delle crisi aziendali, soprattutto attraverso l’uso del concordato semplificato. Questa procedura, pensata per situazioni in cui la composizione negoziata non è praticabile, consente agli imprenditori di liquidare il patrimonio aziendale in modo più rapido ed efficace, offrendo allo stesso tempo maggiori tutele per i creditori.

 

Le novità introdotte dal decreto legislativo migliorano la chiarezza normativa e semplificano l’accesso a questa importante misura di gestione della crisi. L’obiettivo è favorire una risoluzione più rapida delle crisi aziendali, riducendo i costi e i tempi della procedura, e offrendo agli imprenditori in difficoltà una possibilità concreta di risolvere la propria situazione debitoria.

 

Per maggiori informazioni puoi contattare il nostro Studio.

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